di Mario Fresa
Come possono sei voci (due soprani, un contralto, due tenori, un basso), tutte
insieme, dire «mia», «sento», «parto», «moro»? Com’è possibile che, nel
medesimo tempo, l’unità si declini in molteplicità e che la molteplicità si
esprima con la lingua dell’unità? Il madrigale è un anti-mondo puro: in
esso, tutti sentono come uno, e il soggettivismo
si spezza perché si amplifica, si rovescia e poi si muta in altro da
sé stesso: il «sentimento» riguarda il singolo ma non l’individuale, giacché
esso è, infine, letto e mostrato come un archetipo, come un paradossale sogno
che dice, nella sua estrema forma illusiva, l’esattezza del reale; e il singolo diviene,
allora, un io ideale e assoluto, entro il quale l’ascoltatore si specchia
rivivendo, ogni volta, l’esperienza acuta (dolce e struggente) della vicinanza
e del distacco. Sicché tutto, in questa musica, è vivo e immaginario, presente
e fuggitivo, artificioso e vero; la sostanza illusoria dei sentimenti diventa,
per qualche istante, essenza autentica, reale e pura perché riflessa, e
immersa, nella profonda finzione dell’arte; e lo stesso dolore della partenza
(Chi s’allontana? E a chi parlano le voci? Forse a noi che ascoltiamo? O al
silenzio solitario della loro anima?) quasi trova la strada della lusinga e
dell’allettamento, della carezza malinconiosa e tenera: e tutto, qui, sembra
non voler mai finire, perché costantemente proiettato sulla
vertigine di una soave sospensione, in cui il sentire vive e sperimenta una
infinita varietà di percezioni urgenti, somme, paradossali: prima fra tutte, la
sensazione dell’emergere improvviso, lancinante, di un «vivace morire»
(ossimoro meraviglioso) che poi dà nuova vita al duolo, perpetuandone la forza
e rendendo «immortalmente mortale» (e, dunque, sempre morente e sempre
risorgente) il cuore dilaniato dal colpo irrimediabile ch'è dato dalla crudele
sparizione della figura amata.
Claudio Monteverdi, Ah! dolente partita!
Dal Quarto Libro de’ Madrigali (1603).
Versi di Giovanni Battista Guarini.
Ah! dolente partita!
ah, fin de la mia vita!
da te parto e non moro?
E pur i' provo
la pena de la morte
e sento nel partire
un vivace morire,
che dà vita al dolore
per far che moia
immortalmente il core.
Esecutori: Emma Kirkby, Evelyn Tubb,
Mary Nichols, Joseph Cornwell, Andrew King, Richard Wistreich. The Consort of
Musicke. Direttore, Anthony Rooley. Incisione del 1986.
In alto, è riprodotto un ritratto di Vittoria Colonna. L'autore è Michelagnolo Buonarroti.