Il gusto “Biedermeier”


 di Deborah Mega


Dalla raccolta di liriche intitolate Auserlesene Gedichte von Weiland Gottlieb Biedermeier, pubblicate intorno al 1855 nel giornale satirico Fliegende Blätter di Monaco ad opera del medico Adolf Kussmaul e del poeta Ludwig Eichrodt, rimaneggiando gli elementari versi del vecchio maestro Gottlob Biedermaier,  macchietta popolarissima da loro inventata, prese nome il periodo compreso tra il Congresso di Vienna e le rivoluzioni del 1848, che nella storia della cultura tedesca fu definito Biedermeier Zeit e, successivamente, “età del Biedermeier”. A partire dalla fine del XIX secolo, come osserva in un polemico saggio Donald Daviau, emerge il concetto della Biedermeier Zeit come volto felice del Vormärz, periodo attraversato da tensioni e inquietudini sociali e intellettuali. Il termine voleva rappresentare il tedesco medio di quell’epoca, che viveva quieto nell’immobilismo e divenne ben presto sinonimo di virtù specificatamente piccolo-borghesi; il destinatario delle opere di quest’età era l’uomo della Restaurazione con il suo bisogno di ordine e stabilità dopo i rivolgimenti dell’età napoleonica. Non a caso, l’intento dello stile Biedermeier era valorizzare la sobrietà e l'armonia, mutuando alcuni motivi stilistici dal periodo precedente, ma spogliandoli degli eccessi che lo avevano caratterizzato. L'avvento della Rivoluzione industriale proponeva prodotti semplici e funzionali: questa tendenza si ritrovava nell'arredamento, nella musica e nella letteratura. L’invenzione dell’era Biedermeier, espressione “di un romanticismo trasformatosi in sereno sentimentalismo piccolo borghese” (Mittner) come età di tranquillità ed equilibrio, nasceva dalla volontà degli intellettuali di costruire un modello a cui ispirarsi. L’utilizzo del termine era attinto dalla storia della letteratura, ma, mentre nel 1815 il movimento letterario romantico si avviava all’esaurimento, nella storia della musica il romanticismo era agli esordi, cosicchè, il Biedermeier, data la componente realistica e materialistica, non poteva conciliarsi con esso; allo stesso tempo il culto dell’interiorità, che pure il movimento promosse, non poteva essere paragonato a quello romantico. Il romanticismo, infatti, nell’atmosfera di avvilimento e di stanchezza di fin de siècle, perse il suo originario carattere titanico, s'imborghesì e si esaurì nell'idillio sentimentale. Di uno stile Biedermeier si parlò soprattutto per l'arredamento in cui era evidente la derivazione dallo stile impero, che divenne più semplificato e alleggerito. Il mobile più importante del salotto Biedermeier era il divano, ampio, dallo schienale diritto o arcuato, molto utilizzata era anche la servante, una vetrina con specchi, il sécrétaire, il cui sportello ribaltabile fungeva da scrivania e che all'interno, racchiudeva cassettini e ripiani. La spinetta, invece, incominciò a cedere il posto al pianoforte moderno. “Parlare di musica Biedermeier – scrive Ernst Hilmar- è inventarsi una categoria che non esiste dal momento che, in particolare, nessuna realizzazione stilistica può essere identificata come caratterizzante l’approccio Biedermeier alle arti.” Per Giovanni Carli Ballola Biedermeier è “un termine di comodo che la storia della musica ha preso a prestito da quella delle arti minori a indicare un modo di concepire e produrre all’insegna della coscienza tranquilla e dei buoni affari professionali ed editoriali. Ne sono affaccendati e applauditi protagonisti i vari Hummel, Koželuh, Vañhal, Gyrowetz, Jelinek, Steibelt ed altri ancora, che offrono al pubblico europeo un variopinto repertorio di sonate.” Il termine può essere comunque applicato alla musica austriaca perché, una volta scomparso Schubert, la Vienna Biedermeier visse un lungo periodo di declino come capitale della musica almeno fino a quando nella capitale austriaca non giunse Brahms. Il mercato della musica stampata non si reggeva più sui grandi autori Haydn, Mozart, Beethoven ma sugli arrangiamenti di pezzi famosi pubblicati in serie dai titoli accattivanti. Ben diversa si presentava invece la situazione in Germania, perché tra gli anni Trenta e Quaranta emergono artisti irrequieti, che rifiutano la realtà, che sentono e operano controcorrente e che meritano l’appellativo di “romantici”: i più rappresentativi in questo senso sono Schumann e Wagner. Se invece si considera la storia della ricezione musicale, di cui la storiografia musicale si sta occupando solo in tempi recenti, le personalità rappresentative in linea con il Biedermeier sono quelle che si integrano con le istituzioni musicali dell’epoca, teatri, accademie, Musikfeste. Al diverso approccio nei confronti della realtà corrisponde una concezione musicale diversa, allo stesso modo la diversità si riflette anche nello stile. La musica dell’età del Biedemeier anche quando esplora nuove sonorità armoniche o sperimenta nuove possibilità timbriche resta moderata, non viene mai ad intaccare l’ordine costituito e, se lo fa, ciò avviene solo in superficie. Lo stile fu molto discusso perché ritenuto falsamente dimesso, alimentato di idilli anziché di passioni, sentimentale anziché nutrito di sentimenti. Sarebbe ingiusto ora identificare il Biedermeier con l’omologazione e la piattezza, perché in quest’epoca non mancano personalità originali, quello che però non emerge è quell’anelito d’infinito e la consapevole volontà di trasgressione, connotati tipici del romanticismo. Una delle personalità più rappresentative di questo periodo fu Louis Spohr, operoso direttore di Musikfeste e di teatri d’opera, virtuoso itinerante, insegnante (la sua ViolinSchule del 1832 fu un’opera importante della didattica ottocentesca del violino, sua fu pure l’invenzione della mentoniera), cronista (la sua autobiografia del 1860 è un interessante documento della realtà musicale di quegli anni). Anche la sua attività di compositore fu piuttosto intensa: nella sua opera, infatti, si avverte il cromatismo dell’armonia, l’allargamento dello spazio tonale, l’uso di titoli programmatici o descrittivi, gli elementi caratteristici di buona parte della produzione musicale ottocentesca; un passo del Der Alchymist è considerato il precursore dell’accordo che costituisce il leit-motiv di Tristano nel Tristano e Isotta di Wagner. Il culto della storia si ritrova nella musica sacra (Messa a cappella per cinque voci sole e due cori, quattro oratori), nella musica sinfonica, la sesta delle sue nove sinfonie è intitolata Storica e nei quattro movimenti ricorda quattro stili diversi (alla Bach-Haendel, alla Mozart-Haydn, alla Beethoven, al modo contemporaneo). La ricerca della continuità drammatica e di una meno rigida organizzazione delle scene verso un’opera durch-komponiert è evidente nella sua produzione operistica: Faust, Jessonda, Der Berggeist (Lo spirito della montagna). Il virtuosismo strumentale lo si ritrova nei quattordici concerti per violino (l’ottavo in la minore intitolato in modo d’una scena cantante fu eseguito alla Scala di Milano nel 1816), quattro per clarinetto e in diverse altre opere concertanti. La predilezione per una maggiore pienezza sonora è evidente in una trentina di quartetti d’archi normali ma soprattutto nei quattro Quartetti doppi, nell’ Ottetto e nel Nonetto per archi e fiati. Proprio dove la musica sembrerebbe più progressiva non risulta mai dirompente ma sempre contenuta dall’impronta moderata in vero stile Biedermeier, anche i passi cromatici, nonostante come abbiamo detto, risultino anticipatori, esauriscono in se stessi la loro forza di suggestione. Altri rappresentanti del Biedermeier musicale furono gli operisti Albert Lortzing, compositore di Singspiel e creatore della Spieloper, corrispettivo tedesco dell’opera buffa italiana e dell’opéra comique francese e autore di Zar e carpentiere, Il bracconiere, Undine; Friedrich von Flotow, in cui è più evidente l’influsso italiano e francese, autore di Alessandro Stradella e Martha. L’influsso italiano è ancora più evidente in Otto Nicolai autore de Le allegre comari di Windsor; altri operisti furono Heinrich Marschner, autore di Der Vampyr e Hans Heiling. Ricordiamo infine Carl Loewe, autore di ballate per voce solista e pianoforte, una delle forme musicali più tipiche dell’Ottocento tedesco, i suoi 368 Lieder gli valsero l'appellativo di "Schubert della Germania del nord".