di Sebastiano Aglieco
Si
dice che sia un errore sostenere il fatto che i castrati, con le loro voci
apollinee, fossero impiegati in ruoli femminili. Sicuramente cantavano nelle
corali delle Chiese, per perpetuare l’effetto delle voci bianche… ma col volume
di voce di un adulto.
È vero
che ai tempi, oltre ai castrati, esistevano anche i falsettisti, cioè cantanti
di sesso maschile in grado di raggiungere le note di un castrato, (soprano
naturale).
C’era
differenza, dunque, tra un falsettista e un castrato. Scomparsi i castrati,
brutto termine sostituibile con altri, già in voga ai tempi loro - evirati,
angiolilli… - sono rimasti i falsettisti - praticamente tutti i controtenori di
oggi.
Inutile
impelagarsi in fastidiose polemiche di parte su questo argomento: i puristi, ad
esempio, sostengono che, non esistendo più i castrati, sia inutile riprodurne
la tessitura vocale. Dimenticano, però, un episodio storicamente documentato; e
cioè il fatto che Domenico Mancini, allievo di Moreschi, - Mancini non era
castrato ma falsettista - imparò ad imitare
alla perfezione dal suo maestro, tanto che Lorenzo Perosi pensò che fosse
evirato. Come dire che i falsettisti, o controtenori, possono essere in grado,
a seconda delle capacità vocali e delle fisionomie anatomiche, di raggiungere
le prestazioni dei castrati. Si tratta, insomma, di una tecnica di canto, così
come ne esistono altre.
Oggi i
controtenori godono di grande stima e ammirazione, non so se per motivi
squisitamente estetici ed artistici o per curiosità un po’ morbosa. Sicuramente
uno dei loro pregi, complice anche il mercato discografico, è quello di
riesumare dal dimenticatoio una gran quantità di musica antica, diversamente
destinata ad ammuffire negli archivi musicali.
Ce ne
sono di assai famosi, altri che inaugurano nuove carriere artistiche, altri in
declino.
Ecco un elenco.
Ecco un elenco.
Imprescindibile
ascoltare, se non fosse che per curiosità storica, la voce documentata
dell’ultimo vero castrato, Alessandro Moreschi, datatissima nell’esecuzione
musicale, ma in grado di raggiungere tessiture elevatissime.
Poi i
più famosi: Emanuel Cencic, Philippe Jaroussky, Andreas Scholl, David
Daniel's, Derek Lee Ragin, Franco Fagioli... ma l’elenco è lungo: Xavier
Sabata, Vince Yi, Yuti Mynenko, Valer Sabadus, Bejum Mehta, David Hansen,
Christopher Lowey, Kangmin Justin Kim, Tim Mead, Filippo Mineccia, José Lemos,
Marco Lazzàra...
Sono
voci diversissime; tutte materializzano quell’antica “maraviglia” che ancora
oggi è il cardine della musica barocca, la capacità, cioè, di stupire, di
commuovere; ma anche, semplicemente, di godere di un gioco d’artificio di note,
di tessiture, di invenzioni vocali - modalità, del resto, perfettamente in
sintonia con l’eccentrismo dei cantanti barocchi -.
Di
tutti i nomi elencati mi piace segnalarne qualcuno - sottolineo, però, che per
carattere e deformazione personale, trovo sia molto più interessante
considerare le diversità, piuttosto che fare classifiche:
Franco
Fagioli: voce potente e agile, di grande espressività - la sua esecuzione
dell’aria “Alto Giove”, di Porpora, resa celebre dal film Farinelli, credo
sia la migliore in circolazione - .
Derek
Lee Ragin; lo propongo ancora nell’ascolto di “Alto Giove”, dove il livello
espressivo ed emotivo tiene sotto controllo lo sfoggio vocale che sicuramente si
sente nell’esecuzione di Fagioli.
La
terza proposta riguarda David Daniels, un cantante assai in voga fino a qualche
anno fa, che qui propongo nell’interpretazione di “Cara sposa”, dal Rinaldo di
Handel, una delle arie giustamente più famose del barocco.
Per
ultimo, un giovane cantante coreano, assai eccentrico, ma la cui voce mi sembra
strabiliante: Kangmin Justin Kim:
“Se
bramate d'amar chi vi sdegna”, dal Serse, di Handel.